Osteosarcoma
Il tumore primitivo più frequente dello scheletro

Che cosa è l’osteosarcoma?

L’osteosarcoma è il tumore primitivo più frequente dello scheletro.

Spesso ad alto grado di malignità, è costituito da cellule mesenchimali che producono una matrice ossea che può essere o non essere calcificata e/o osso immaturo.

Colpisce maggiormente le ossa degli arti, soprattutto quelli inferiori, con il 50% dei casi localizzato nella zona del ginocchio. Il sintomo dominante è il dolore prolungato, anche a riposo e spesso notturno.

La diagnosi è complessa e necessita dell’integrazione dell’attività specialisti ortopedici, radiologi e patologi con esperienza specifica. La sopravvivenza dei pazienti è legata alla risposta alle terapie e alla presenza o meno di localizzazioni a distanza (metastasi), che di solito colpiscono i polmoni.

Chi colpisce?

In genere colpisce più i maschi che le femmine, con un rapporto 2/1.

L’età di insorgenza dell’osteosarcoma è piuttosto variabile ma nel 61% dei casi si verifica tra la prima e la seconda decade di vita (fino a 20 anni). Solo il 10% di tutti i sarcomi osteogenetici, colpisce soggetti di età superiore ai 60 anni e in tali casi si tratta quasi sempre di forme secondarie ad altre patologie.

È ragionevole derivare da questi dati una connessione tra lo sviluppo dell’osteosarcoma e la rapida crescita scheletrica che avviene durante il periodo adolescenziale.

Da cosa è causato?

L’osteosarcoma può originare senza causa apparente, oppure essere secondario ad altre affezioni scheletriche (casi che si sviluppano di sovente in tarda età). Nella storia del soggetto colpito non è raro che sia riportato un trauma osseo. Verosimilmente tale evento non è la causa dello sviluppo del tumore, ma rappresenta il motivo per cui vengono messe in essere le procedure diagnostiche che rilevano una patologia neoplastica preesistente, fino a quel momento asintomatica.

Esistono dati sempre più convincenti che mettono in relazione l’osteosarcoma con difetti genetici: in particolare è stata riscontrata un’associazione con il retinoblastoma a carattere familiare in cui si ha la delezione del gene oncosoppressore situato sul cromosoma 13. Tuttavia è oramai accertato che il genotipo dell’osteosarcoma è molto complesso.

Sono state individuate molte alterazioni geniche che potrebbero portare, in futuro, anche a individuare possibili bersagli terapeutici. Infine appare tutt’ora controversa la riportata funzione del virus SV40 nell’insorgenza dell’osteosarcoma.

Condizioni predisponenti l’insorgenza dell’osteosarcoma secondario possono essere:

  • Calli esuberanti in riparazione di fratture in soggetti affetti da osteogenesi imperfetta
  • Displasia Fibrosa
  • Malattia di Paget dell’osso
  • Pregresse esposizioni a radiazioni ionizzanti.

Caratteristiche cliniche

Tra le caratteristiche cliniche la principale e più precoce è il dolore; questo inizialmente è insidioso anche perché transitorio, successivamente diviene intenso, persistente, si esacerba durante il riposo notturno ed è poco sensibile ai comuni antidolorifici.

Altro segno che può essere presente è la tumefazione che inizialmente può essere minima, ma che con la crescita della neoplasia è sempre più manifesta. La consistenza di tale tumefazione è frequentemente duro-ossea (forme osteogeniche), ma può essere, più raramente, tesa-elastica (nelle forme osteolitiche), comunque risulta fissa sui piani sottostanti. La cute sovrastante si presenta lucida e tesa, con dilatazione delle vene superficiali.

Nelle forme osteolitiche l’esordio può essere quello di una frattura spontanea dell’osso interessato (frattura patologica).

Le sedi primitivamente e maggiormente interessate dall’osteosarcoma sono, nei soggetti giovani, le ossa lunghe: femore (44%), tibia (17%), omero (15%), soprattutto al livello metafisario; nei pazienti meno giovani queste regioni anatomiche sono colpite solo nel 14,5% dei casi, mentre la neoplasia si sviluppa più frequentemente a livello dello scheletro assile (27%), delle ossa cranio-facciali (13%) ed in sedi extra-scheletriche (11%)

Le localizzazioni a distanza (metastasi) che rappresentano la complicanza più temibile, sono spesso polmonari.

Diagnosi

Il primo fattore da tenere in considerazione ai fini di una corretta e celere diagnosi dell’osteosarcoma è quello della stretta collaborazione tra gli specialisti coinvolti, in particolare il clinico, spesso ortopedico, il radiologo e l’anatomopatologo. Nell’inquadramento clinico vanno tenuti nella giusta considerazione elementi come l’età di insorgenza della neoplasia, la sua localizzazione, la sintomatologia.

Dirimenti ai fini della diagnosi sono spesso l’aspetto radiologico e quello radiografico in merito al quale va detto che l’osteosarcoma può mostrare un grado di ossificazione variabile. Tanto più è alto il livello di ossificazione, tanto più facile è la diagnosi radiografica attraverso il riscontro di radiopacità. Gli aspetti radiologici più precoci sono rappresentati dalla presenza di una neoformazione ossea irregolare con aree radiotrasparenti e/o radiopache che nel tempo interessa la corticale. Tale interessamento si appalesa con l’erosione ed il superamento della stessa con conseguente interessamento dei tessuti molli circostanti.

Frequentemente è presente una reazione periostale con produzione di trabecole ossee, perpendicolari rispetto alla superficie ossea, che danno un aspetto radiologico a ‘raggi di sole’. Durante la produzione di queste trabecole, il periostio si scolla verso l’esterno delimitando uno spazio triangolare che costituisce il segno radiologico noto come ‘triangolo di Codman’.

Va sottolineato che tutte queste caratteristiche, spesso diagnostiche, sono evidenziabili con una radiografia classica in più proiezioni.

Altre tecniche di immagine utili sono rappresentate dalla tomografia computerizzata (TAC) e dalla risonanza magnetica nucleare (RMN) con e senza contrasto. La prima è utile nell’evidenziare l’estensione intramidollare del sarcoma, nello svelare la presenza di metastasi ed infine nella valutazione della compromissione neurovascolare delle articolazioni e della corticale ossea. La seconda, invece, consente di precisare le dimensioni del tumore come anche la sua estensione intramidollare e il coinvolgimento dei tessuti molli, specie nelle forme scarsamente osteogeniche.

Queste moderne tecniche di immagine rappresentano un’utile guida per compiere resezioni chirurgiche selettive e, quando possibile, non eccessivamente demolitive.

Di qualche utilità, in rari casi selezionati, può essere ancora oggi l’arteriografia mentre sono in acquisizione i dati per una eventuale validazione diagnostica della PET. La diagnosi di osteosarcoma conclamato non presenta, di solito, grosse difficoltà sia da un punto di vista clinico radiologico, sia istologico, sebbene la determinazione dell’istotipo sul materiale bioptico non sia sempre agevole. L’aspetto istologico indispensabile è la presenza di matrice ossea direttamente a contatto con cellule neoplastiche con caratteristiche di malignità; in mancanza di una franca deposizione di matrice, la diagnosi può essere difficile.

Terapia

La terapia dell’osteosarcoma ad alto grado di malignità si basa sulla chemioterapia pre e post-operatoria e sulla chirurgia del tumore primitivo e delle metastasi. I farmaci attualmente più usati sono: andriamicina, metotrexate, cis-diaminoplatino ed isofosfamide. Attualmente, la ricerca scientifica tenta di individuare e sperimentare nuove chemioterapie mirate a specifiche alterazioni molecolari dell’osteosarcoma.

La risposta alla chemioterapia è valutata in base a dati clinici (come la regressione del dolore), di laboratorio (riduzione della fosfatasi alcalina), di ‘imaging’ (arresto della crescita, ossificazione e formazione di capsula, regressione della vascolarizzazione, riduzione dell’assorbimento dell’isotopo radioattivo usato) e alla valutazione istologica dell’estensione della necrosi del pezzo operatorio, che per essere soddisfacente deve raggiungere una percentuale di tessuto necrotico superiore al 90%.

Nelle forme a basso grado di malignità è sufficiente un intervento chirurgico ad ampi margini e non c’è indicazione ad altre terapie.

Prognosi

La prognosi dell’osteosarcoma è dipendente dai seguenti fattori:

  • caratteristiche istologiche del tumore
  • grado di malignità
  • caratteristiche radiologiche
  • presenza o assenza di fratture patologiche
  • dimensioni del tumore
  • età e sesso del paziente
  • localizzazione
  • risposta alla chemioterapia quando indicata

Per le forme a basso grado degli arti la sopravvivenza è del 95% a 5 anni, mentre per le forme ad alto grado, sempre degli arti, la sopravvivenza varia nelle diverse casistiche dal 60 all’80 %, in dipendenza soprattutto dalla comparsa o meno di metastasi e dalla risposta alle chemioterapie. Per le forme in altra localizzazione non esistono dati completamente attendibili.