Accogliamo e diamo supporto ai pazienti affetti da osteosarcoma e alle loro famiglie

L’operatività di AISOS

La diagnosi dell’osteosarcoma è un’attività complessa che richiede professionalità di eccellenza. Ma anche dopo la formulazione della diagnosi, i pazienti e le loro famiglie hanno bisogno di aiuto per affrontare le difficoltà materiali ed emotive generate da un percorso di terapia e riabilitazione di circa 24 mesi.

AISOS e le sue equipe di professionisti operano ponendo il paziente al centro dell’attenzione in ogni momento: prima, durante e dopo l’intervento, che nel 90% dei casi è necessario.

Le attività che AISOS svolge possono essere articolate nel modo seguente

Formazione e informazione

L’osteosarcoma colpisce soprattutto i bambini, insorge all’improvviso, è una patologia primitiva, raramente secondaria, si manifesta di notte con un dolore acuto, urente e ingravescente che non passa con i comuni analgesici.

Sentendo dolore il bambino tende a non dire nulla ai genitori, tende a difendere loro per primi e non farli preoccupare; ha paura di non poter più fare le stesse cose che faceva prima, non poter più giocare con i propri coetanei e di essere isolato dagli stessi. Si accorge di un livido che non passa, ma spesso i bambini, giocando, sono soggetti a lividi e dunque non ci fa caso.

È solo quando il dolore diventa troppo acuto che si rivolge ai genitori, i quali, non sapendo verso chi indirizzarsi, allungano inconsapevolmente il tempo della diagnosi migrando da un punto.

Per questo AISOS organizza attività di informazione e sensibilizzazione e seminari di aggiornamento e corsi per medici, specialisti e personale delle professioni sanitarie, cosicché il tempo della diagnosi si accorci sempre più e gli stessi possano riconoscere velocemente e immediatamente la malattia.

Il tempo è un elemento fondamentale quando si parla di osteosarcoma. Un ritardo nella diagnosi, anche di poco tempo, può avere ripercussioni importanti sul paziente.

Grazie all’informazione e alla formazione questo può essere evitato.

Supporto e sostegno

L’èquipe neuropsichiatrica è costituita da: un neuropsichiatra infantile, due psicoterapeuti (neuropsichiatri infantili o psicologi), uno psicologo testista e un “compagno di sostegno”.

Il neuropsichiatra infantile è chiamato dall’associazione al momento del sospetto e condivide il processo diagnostico con l’intera èquipe medica che dovrà relazionarsi con il paziente partecipando, quindi, alla comunicazione della diagnosi al paziente e ai familiari e alla costruzione del processo terapeutico, inserendo i suoi interventi in un progetto tagliato su misura per quel determinato paziente e per quella determinata famiglia, attraverso la valutazione del concetto di resilienza.

Per resilienza si intende la capacità di riprendersi dalle crisi e di superare le difficoltà della vita. È un concetto che si basa sui punti di forza piuttosto che sulle debolezze e i deficit. Lo scopo dell’équipe neuropsichiatrica che lavora su questo tipo di patologie è, in primis, quello di valutare la resilienza familiare, quella individuale e anche quella del gruppo di professionisti che affronta il caso. Lavorare quindi, oltre che sul trauma, anche sui punti di forza posseduti dal nucleo familiare, dal paziente e dalla èquipe terapeutica.

Un approccio centrato sulla resilienza familiare si propone di identificare e rinforzare i processi interattivi determinanti che consentono alle famiglie di resistere e reagire all’avvento di contingenze critiche potenzialmente disgreganti, spostando la loro prospettiva di osservazione da una visione centrata esclusivamente sul danno a una visione che ne sottolinei gli aspetti di disagio, riconoscendo loro un potenziale positivo di evoluzione e di recupero.

Durante la diagnosi

Nella fase iniziale il neuropsichiatra effettua, in rapida sequenza, tre colloqui con la famiglia del paziente, tesi alla costruzione dell’alleanza terapeutica con i familiari e all’iniziale valutazione della resilienza familiare mediante appositi test somministrati sia al bambino e/o all’adolescente che ai genitori.

Il “compagno di sostegno”, che il neuropsichiatra presenta ai familiari e che inizierà a seguire il paziente una volta a settimana previo consenso informato dei genitori, è un operatore (medico in formazione specialistica, psicologo, terapista della riabilitazione), che edotto sul caso dal neuropsichiatra e da lui supervisionato nel corso del progetto, si occuperà di sostenere la resilienza del bambino e/o dell’adolescente attraverso un sostegno concreto e quotidiano sia nei momenti di normalità che nei momenti in cui bisognerà affrontare interventi e riabilitazione. È una figura fondamentale che media i rapporti tra il paziente e il mondo esterno. Non si tratta di uno psicoterapeuta ma di un riabilitatore anche se molto specializzato.

La necessità di un intervento psicoterapeutico per il paziente o per i suoi familiari viene valutata caso per caso e qualora si ritenesse necessaria si valuta il momento più opportuno per il suo inserimento e la tipologia (intervento focale o prolungato).

Durante la terapia

Al momento dell’inizio della chemioterapia, alla quale il paziente dovrà sottoporsi, il neuropsichiatra insieme ad una psicologa/o terapeuta familiare e relazionale segue i genitori una volta ogni due settimane rimanendo a disposizione “on demand” mentre il “compagno di sostegno” incontra il paziente tre volte a settimana per tre ore. Si intensifica la sua presenza nei momenti critici e rimane a disposizione 24 ore su 24 telefonicamente per il paziente. Gruppi Balint* per i medici ed il personale possono formarsi su richiesta dell’èquipe, ma anche su richiesta del neuropsichiatra in caso notasse una particolare sofferenza del gruppo degli operatori.

Qualora fosse necessario l’intervento chirurgico, sia nelle fasi precedenti che successive, l’èquipe neuropsichiatrica rimane 24 ore su 24 a disposizione della famiglia, proponendo, senza imporre, un incontro prima dell’intervento ed uno subito dopo. Il “compagno di sostegno” rimane invece a disposizione del paziente con una presenza discreta, ma vicina. In questa fase quello che conta è essere disponibili ma non invasivi. Familiari e paziente devono sapere che il sostegno c’è, ma decidere se utilizzarlo o meno. Nella fase successiva all’intervento il neuropsichiatra è presente nel momento in cui il chirurgo spiega ai familiari l’esito dell’operazione. Il “compagno di sostegno” è presente al momento in cui l’esito dell’intervento è spiegato al paziente (in questo caso solo se il paziente vuole).

*I Gruppi Balint – così chiamati dal nome del loro ideatore, Michael Balint – sono un metodo di lavoro di gruppo destinato ai medici e alle altre professioni di cura e d’aiuto, che ha come scopi la formazione psicologica alla relazione con il paziente, la “manutenzione del ruolo curante” e la promozione del benessere lavorativo.

Durante la riabilitazione

In fase riabilitativa si riprende l’iter esistente nella fase pre-operatoria. Il “compagno di sostegno” gestisce anche la ripresa delle attività scolastiche e segue i contatti con la scuola di appartenenza. La fase della riabilitazione è la fase in cui più spesso è utile inserire una psicoterapia focale tesa alla riparazione della ferita narcisistica che amputazioni e difficoltà motorie possono provocare nel paziente. Ferite che possono inficiare la compliance riabilitativa.

In caso di esiti infausti al momento in cui ci sia un lutto, l’èquipe neuropsichiatrica, soprattutto nella persona del neuropsichiatra e dello psicologo/a, deve costruire un progetto almeno di durata biennale teso all’elaborazione del lutto e del sostenimento della resilienza. Si tratta di un progetto che va rivolto a tutti i familiari stretti (genitori, fratelli, nipoti, ma anche ai coniugi di fratelli e sorelle) che presuppone un intervento psicoterapeutico o familiare o individuale.

L’èquipe neuropsichiatrica nel lavoro quotidiano dell’associazione fornisce anche indirettamente un supporto alle famiglie e ai pazienti soprattutto per motivi logistici. Un tale intervento presuppone la raggiungibilità dei pazienti attraverso mezzi tecnici (tablet, smartphone, computer) che consentano una comunicazione chiara e anche affettivamente significativa. Tale intervento deve essere a disposizione 24 ore su 24 attraverso una turnazione del personale specializzato.

Per migliorare il progetto di intervento e per valutarne i risultati sulla qualità della vita del paziente e sul miglioramento della compliance, i pazienti con esito positivo, andranno seguiti nel tempo e rivalutati a due e cinque anni.

Un intervento di questo tipo della durata media di due anni su un paziente richiede mediamente un monte ore totale da parte dei vari professionisti di 1000 ore senza comprendere il servizio di assistenza 24 ore su 24.

Riabilitazione e reinserimento

L’osteosarcoma era un tumore a prognosi altamente infausta, e con gli attuali protocolli terapeutici (chemioterapia pre e post-operatoria, resezioni ossee con impianto di protesi) e in presenza di una diagnosi precoce, la situazione è decisamente migliorata, sia per quanto riguarda la mortalità che per la qualità della vita.

Ha quindi senso parlare anche di Riabilitazione Motoria dato che nella maggior parte dei casi i pazienti sono soggetti in accrescimento sottoposti a trattamenti chemioterapici altamente tossici e ad interventi chirurgici più o meno demolitivi.

Per questo lavoriamo per instaurare un protocollo riabilitativo che si possa integrare con gli altri protocolli in uso, in modo da costruire un percorso per migliorare il più possibile le condizioni di vita dei pazienti affetti da osteosarcoma.

Un primo controllo fisiatrico può essere effettuato dopo il primo ciclo di chemioterapia, per valutare la situazione clinica specialmente riguardo la postura e il tono muscolare e prendere gli opportuni provvedimenti.

Sicuramente un controllo fisiatrico specialistico va effettuato dopo un eventuale intervento per ripristinare le funzioni dell’arto leso o compensare le funzioni perse così come correggere i difetti di postura che si instaurano dopo gli interventi chirurgici spesso demolitivi.

Per tutti questi motivi è importante affiancare un team riabilitativo alle figure che seguono il percorso clinico dei pazienti affetti da osteosarcoma (chirurgo ortopedico, oncologo, istologo, psicologo ecc.) al fine di mantenere e migliorare le attività della vita quotidiana.

AISOS si propone di creare percorsi ottimali in modo da facilitare l’assistenza dei pazienti affetti da questa patologia, con interventi del team riabilitativo che possano essere effettuati sia a domicilio che in ambulatorio tramite strutture accreditate con il Sistema Sanitario Regionale che possono occuparsi completamente del paziente.